29/06/2013
FEDERICO TADDIA
“Ciao Marghe, come stai?”
“E come vuoi che stia Fede, sono qua in gabbia. Non vogliono più che vada più in giro: ma io scappo. Anche perché la mia testa mica la puoi fermare”. Abbiamo riso insieme, pochi giorni fa al telefono, come mille altre volte. Anche se la voce era sempre più flebile. Il fiato più corto. Quel cuore impazzito ormai ingestibile da quando aveva scelto di non farsi operare, tempo fa, perché “Non voglio sfinire sotto i ferri per vivere qualche mese in più: non ne vale la pena. Preferisco morire sorridendo”.
Con Margherita era impossibile non ridere, perché l’ironia era il suo approccio alla vita, un approccio rigoroso e spettinato, come amava definirlo lei.
Ho avuto la fortuna di frequentare tanto la Marghe in questi anni, per lavoro e per piacere. Lunghe chiacchierate, per conoscere e far conoscere la sua storia, il suo pensiero, il suo sapere.
Lei e la sue T-Shirt, sempre spiazzanti e sempre un po’ macchiate. Lei e i suoi pranzi a base di insalata, pomodori e gatti tra i piedi. Lei e il suo inseparabile bastone da passeggio e lo zainetto sulle spalle, gobba e tremolante, ma sempre in piedi. Sempre un passo avanti agli altri. Lei e i suoi libri, lei e la sua sfida infinita a spiegare i buchi neri ai bambini, lei e l’amore per lo sport, per la sua Fiorentina, la passione nascosta per “Un posto al sole”, l’odio per Berlusconi, le critiche alla Chiesa e l’amicizia vera e profonda con tanti preti di strada e di battaglia.
Ricordare ora Margherita è tutto questo: è rivedere il suo amore, vero, profondo, inscalfibile per il marito Aldo. E’ la serenità con cui ti diceva che non voleva avere figli perché a lei i bambini piacevano, ma solo se erano bambini di altri, e che non si sentiva quindi in colpa nel sentirsi più attratta dai gatti. E’ il suo rispondere sempre al telefono, dare comunque sempre un appuntamento a chi glielo chiedeva, correre per convegni e presentazioni, fare prima della ricerca e poi della divulgazione una scelta di vita.
“Sai qual è una cosa che proprio mi dà fastidio?” – mi diceva spesso – “Quando mi trattano come se fossi la Madonna, quando invece sono solo una donna. Invece mi fanno sembrare una santa, una reliquia: mi toccano, mi vogliono baciare, mi ringraziano per le cose più diverse. Non credi di aver fatto nulla di straordinario per meritarmi la loro dolcezza, men che meno la loro ammirazione. Ho fatto un lavoro serio, onesto, ma senza grandi clamori. Ho solo portato la mia pietruzza al mosaico della scienza, cercando la verità. Dicendo la verità”.
E poi c’era il tema della morte, che abbiamo sfiorato tantissime volte.
Le chiedevo se lei, così innamorata della vita non la temesse. E lei, rideva, rideva sempre. “Non me ne frega niente della morte Federico. Fosse per me, camperei 1000 anni, ci sono ancora tante cose da scoprire: ma la morte non mi fa paura, mi basta andarmene senza troppe agonie, senza troppe sofferenze. Poi mica sparisco: mi trasformo in una molecola, e in un modo o nell’altro rimarrò ancora su questa terra. E sai una cosa? Non mi interessa nemmeno se sarò ricordata o meno: non sarà più un problema mio”.
E poi via, c’era la scrollata di spalle, segno che era ora di non parlarne più, perché era un argomento inutile. La stessa scrollata di spalle con cui ti rispondeva a domande tipo “Perché non ti emozionano le stelle?”, “Perché non sei mai andata dalla parrucchiera?, “Perché non ti riposi un po’?”. Sarebbero mille gli aneddoti di questa straordinaria scienziata, che per farla arrabbiare bastava chiamarla nonna: “Ma quale nonna e nonna, dentro mi sento una giovincella io”.
In queste settimane stavamo iniziando a lavorare ad un nuovo progetto insieme: le avevo chiesto di scegliere le 50 parole che avrebbe voluto lasciare come testamento e darmi di ognuna una sua piccola definizione. 50 parole per raccontarsi, ma 50 parole che fossero stimoli e pungolo per i giovani. La divertiva molto questa cosa. E per ora me ne aveva scelte due: “Fiorentina: l’unica fede possibile” e “Ricerca: non accontentarsi di quello che si sa, non farsi spaventare da quello che si sa”.
Ci mancherà Margherita, che non ha mai avuto paura della morte perché non ha mai avuto paura di vivere.
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