08/02/2002
IL CHIOSTRO DEI GLICINI “Il chiostro allagato”
A cura dell’Arch. Marco Forloni
Con opere di Nicoletta Frigerio, Maria Micozzi, Luca Rendina, topylabrys
Particolarmente suggestiva l’ambientazione che trasformerà temporaneamente il Chiostro dei Glicini in una sorta di laguna artificiale. Il Chiostro allagato fornirà un ideale supporto ambientale al lavoro di Nicoletta Frigerio, Maria Micozzi, Luca Rendina e topylabrys. L’acqua costituirà il filo conduttore alle variazioni proposte dai quattro artisti che interverranno giocando tra superficie e trasparenza, galleggiamento e rispecchiamento.
L’acqua, insomma, come mezzo in grado di conferire una valenza scenografica coordinata a livello di insieme, al di là dell’impronta specifica con cui ciascuno dei quattro interpreti ha inteso il proprio contributo a questa operazione a “più mani”. Agli artisti è stata infatti lasciata la massima libertà sul piano compositivo così come nelle chiavi di lettura degli aspetti concreti, simbolici, evocativi volta per volta, individuati in connessione al tema. Dall’acqua, come elemento cosmogonico generatore, legato alle immagini della donna, del parto e della nascita, del lavoro di Maria Micozzi emblematicamente intitolato “Le acque”, all’acqua come fonte di alimento e di nutrimento per topylabrys e Luca Rendina, con interventi quasi speculari, complementari e opposti tra di loro che interpretano l’idea di una sorta di banchetto acquatico.
Topylabrys ne offre una visione in cui i commensali condividono idealmente il pasto intorno a dieci mense galleggianti, unite a formare un’unica tavolata.
Rendina lascia invece liberi di vagare sulla superficie dello specchio d’acqua i suoi vassoi di legno, come altrettante canoe, ciascuna carica del proprio contenuto di sfere o cerchi simbolici che alludono al tempo stesso al viaggio e al ritorno, all’uomo e al nutrimento che gli è indispensabile. E ancora, nel reciproco gioco di rispecchiamenti, le allusioni alla scenografia del Chiostro, che la Micozzi fa emergere nel richiamo alle colonne presente nella sua opera; o, piuttosto, quelle al paesaggio acquatico come luogo di manifestazione e generazione di forme plastiche nell’opera di Nicoletta Frigerio con i suoi accenni alle zolle e alla terra, mutuati dalla scultrice dalla sua lunga pratica con la terracotta e la ceramica. Libertà che dall’immaginario acquatico si traspone infine nell’utilizzo dei materiali prescelti da ciascuno dei quattro artisti secondo la propria sensibilità ed esperienza: dai fogli di polistirolo scolpito della Micozzi; dal legno, i vimini intrecciati e le corde di Rendina, alla lamina sottile di ottone piegata e ribattuta che la Frigerio tratta con acidi per conferire patine e timbri di colorazioni capaci, qui in particolare, di accentuare il senso naturalistico della composizione. L’intervento al Chiostro dei Glicini è infine, volendo, un segno tangibile dello spirito con cui l’iniziativa milanese si evolve: sempre più arte da assimilare e meno da “mangiare” in senso concreto, e anche figurato, legato in qualche modo al consumo dell’evento artistico.
Giovanni Schiavocampo